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al testo di Nicola Romano
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* le nubi giravano basse scurando il meriggio dei ponti che tagliano odori di vento e di muffa Strisciando sui muri l’amico sembrava sicuro di scendere ai lunghi giardini di O’Connell street ma il giro tornava alle stesse vetrine appannate pestando i riflessi a colori dei neon precoci la strada era un fondo di calice appena bevuto il cielo un ammasso di piume sui bianchi abbaini Piaceva sentirsi smarriti tra foglie marcite le guglie incrociavano voli di uccelli tardivi i bar fabbricavano aloni di tazze fumanti Di sera un concerto di versi pagò l’avventura qualcuno spiegava a intervalli le nostre concioni e forse un inconscio bisogno ci prese la mente se in casa di amici intonammo poi Vitti ‘na crozza * Alla costa dei giganti il vento piegava le ossa spingeva le acque a levante e le ciglia turbava col salmastro Scendemmo alla costa da un picco sperduto (fornito di home braking and tea) che rapido si volse al fuoco di Maeve e delle fate danzanti dentro cerchi di basalto Poi nella celtica sera si sposarono lune normanne * Perduti tra le corde del tramonto tienimi la mano come il sorbo legato alla sua terra e mentre un gregge bela verso il mare dimmi dell’aria morbida che nutre le tue parole placide e straniere mite riparo al giorno che conclude il lieto viaggio fino a queste piane Bianca è la sera come la mia marna e se finiamo frasi con un pianto è per la serie di favole inattese che mutuano incredibili stupori rotti soltanto (ora che cambia il vento) da un olezzo di pesce lavorato |
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